XV Rapporto. Viaggio nella scuola d'Italia | Società Geografica Italiana

Non è dubbio che il sistema scolastico, l’insieme dei percorsi di formazione dalla prima infanzia ai livelli post-universitari, riflette strettamente le condizioni socioeconomiche e culturali di un Paese. Ma non è dubbio neppure, specularmente, che quelle condizioni sono a loro volta, e in larga misura, proprio l’esito del sistema di formazione. Ragione, quest’ultima, più che sufficiente a motivare il forte interesse, sempre più forte, che la comunità dei geografi italiani va portando all’evoluzione del sistema formativo in Italia: e non soltanto per quanto riguarda l’insieme delle statuizioni normative che condannano l’insegnamento della Geografia, ai vari livelli, a una condizione drammaticamente avvilente; ma piuttosto, e quindi assai più in generale, per quel che concerne le condizioni in cui si opera, o si dovrebbe operare, la formazione − coerente e paritaria − dei cittadini che vivono in questo Paese, e che via via entrano nei ranghi dei decisori e degli operatori che regolano e regoleranno la vita di questo Paese. Una formazione, del resto, in cui siamo certi che dovrebbe entrare molta più consapevolezza geografica di quanta ne lascino filtrare a fatica le statuizioni di cui sopra. Ma non è di questo che il XV Rapporto della Società Geografica Italiana tratta: non è stato concepito per argomentare i danni di un troppo scarso insegnamento geografico, anche se uno specifico capitolo ne tratta, inevitabilmente, a pieno titolo. E non ha nemmeno lo scopo, questo Rapporto, di stigmatizzare le manchevolezze, gravi e meno, presunte e reali, del sistema scolastico italiano. Con buona pace dei molti patiti dei Kindergarten a vita, (tendenza che ormai va lambendo anche l’Università) in cui si stanno trasformando i sistemi formativi in altri Paesi; con buona pace dei molti (e sempre molto ascoltati) fautori del come si insegna qualsivoglia cosa, anche la più irrilevante, piuttosto del che cosa è bene che i cittadini acquisiscano, elaborino e sappiano mettere a frutto nel corso dell’esistenza; e con buona pace, ancora, dei moltissimi convinti – che sia becera ignoranza o inconsapevolezza profonda o calcolo «di classe» (come un tempo si sarebbe detto) – che la Scuola e l’Università debbano formare tecnici e professionisti, e tanto basti. Ecco, con buona pace di tutti costoro, in molti siamo convinti che il sistema scolastico (e universitario) italiano, malgrado l’erosione cui è costantemente soggetto, paradossalmente operata per pareggiare i sistemi dei Paesi più «avanzati», sia in realtà ancora un buon sistema: ovviamente per tanti e importanti versi migliorabile e anche di molto, ma ancora capace di formare cittadini consapevoli e professionisti attrezzati. (Ma, poi, forse il problema è banalmente proprio qui: che formare cittadini consapevoli, cioè pensanti – e a questo scopo la Geografia si colloca proprio in prima linea – è risultato per alcuni poco interessante, per non dire ingombrante, fastidioso, controproducente). Questo Rapporto non può trascurare questa premessa, ma vuole trattare di altro. In particolare, di quelle condizioni per cui la Scuola in Italia non è ancora abbastanza coerente e paritaria; anzi, per certi versi appare che lo sia sempre meno. L’ideale di una formazione potenzialmente Presentazione 10 XV Rapporto. Viaggio nella scuola d’Italia uguale per tutti i giovani cittadini, di una offerta equivalente e accessibile a tutti a prescindere da ceto e quadro di vita, come la nostra Costituzione stabilisce, è ancora lontano – e per alcuni aspetti appare oggi più lontano che in passato, anche a prescindere dall’impatto di fenomeni contingenti per quanto severi, come la pandemia con cui ancora ci confrontiamo. In realtà, e questo Rapporto lo chiarisce con molta evidenza, una parte prevalente delle cause di difformità di erogazione e di fruizione dei servizi scolastici ha carattere territoriale, geografico. Dove «geografico» non significa «più a est o più a sud»: significa un complesso intreccio di situazioni, di elementi e di relazioni che variano nello spazio, per una quantità articolata e spesso opaca di ragioni (che proprio la Geografia cerca di cogliere), e che differenziano di conseguenza le condizioni socioeconomiche e culturali («culturali» nell’accezione più estesa possibile del termine) nelle varie parti del nostro «ecosistema» nazionale. E, sia chiaro: non è solo questione – come vedrà chi scorrerà questo Rapporto – della sempiterna e banalizzante distinzione Nord/Sud. L’Italia non è ovunque uguale, in tutte le sue parti: e questo, per parecchi riguardi, è un dato anche molto positivo. Anche in conseguenza di questa varietà «geografica», il sistema scolastico italiano non è ovunque uguale, non offre le stesse opportunità, non si inserisce ovunque nella stessa maniera nell’articolazione della società: e questo, invece, non è un dato positivo, perché mina alla base, e talvolta nega recisamente, le possibilità di crescita e di affermazione di alcuni cittadini in formazione rispetto ad altri cittadini in formazione. Questo Rapporto cerca di mettere in evidenza le discrasie territoriali (accanto a quelle che territoriali non sono) del sistema scolastico italiano, e propone così una base conoscitiva, criticamente fondata, partendo dalla quale è possibile – a volerlo – impostare azioni di contrasto e di riequilibrio tanto eque quanto necessarie al «ben-essere» della cittadinanza tutta del nostro Paese.

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